domenica 17 aprile 2011

Angeli e insetti: i segreti inconfessabili di una famiglia vittoriana


Angeli e Insetti è un libro di Antonia S. Byatt, ma si tratta in realtà di due racconti, e vorrei qui parlarvi soprattutto del primo, Morpho Eugenia, dal momento che il secondo racconto, L’angelo coniugale, non conserva, a mio parere, che una pallida eco della forza narrativa e del fascino magnetico del primo.
Protagonista di Morpho Eugenia, ambientato nel 1860, è un giovane studioso di scienze naturali, William Adamson, il quale ha trascorso dieci anni in Amazzonia, e ha fatto naufragio tornando in Inghilterra, salvandosi ma perdendo tutto.
William viene così accolto dalla famiglia Alabaster, con il cui signore ha intrattenuto una lunga corrispondenza durante i suoi anni in Amazzonia, e qui non può fare a meno di sentirsi attratto dalla bellissima figlia di lui, Eugenia, una donna che sembra fatta ‘d’avorio e d’oro’, fragile e magnifica come una farfalla.



Eugenia, tuttavia, ha un triste passato sulle spalle, e un terribile segreto che grava nel suo cuore come un peso di cui non può liberarsi: ad un passo dalle nozze, ha perduto il suo sposo, morto suicida per una colpa da lei commessa.


William vorrebbe restituirle il sorriso, ma allo stesso tempo sa di non poter avanzare pretese sulla signorina Alabaster, essendo la differenza di classe un ostacolo alla loro unione. Lei appartiene ad una famiglia rispettabile, lui è il figlio di un macellaio, entomologo senza un centesimo e senza prospettive. E’ perciò con grande stupore che apprende il desiderio di Eugenia di divenire, nonostante tutto, sua moglie. Il matrimonio viene celebrato, e subito arrivano i figli. William dovrebbe sentirsi al settimo cielo per le grazie che gli sono piovute dal cielo, lui, di bassi natali, accettato ed accolto in seno ad una famiglia tanto in vista.







Ma non sempre è tutto oro quello che luccica, e ben presto William si renderà conto di essere passato da una condizione di relativa libertà, in cui, sebbene povero aveva un lavoro soddisfacente che dava senso alla sua vita, ad una realtà di corruzione e peccato, avente a che fare col segreto della moglie, che potrebbe trascinarlo in un’abiezione morale senza scampo.




Il racconto è indubbiamente magnifico, scritto superbamente e molto suggestivo. Le atmosfere vittoriane sono rese alla perfezione dalla Byatt, già acclamata autrice di Possessione, e i personaggi sono delineati in maniera perfetta.
Uno, in particolare, sulla quale vorrei soffermarmi è il personaggio di Matty Crompton, l'istitutrice, che non può non richiamare alla memoria un altro grande personaggio della letteratura vittoriana, IL personaggio dell'istitutrice indipendente, determinata e intelligente per eccellenza: Jane Eyre.
Matty Crompton è una novella Jane Eyre, per i motivi sopra citati, e per il fatto che alla fine, si rivela essere l’unico personaggio veramente positivo di tutto il racconto. Non è facile identificarla come tale da subito: Matty è insignificante agli occhi della maggior parte degli abitanti della casa, veste in modo austero, è silenziosa e piuttosto solitaria. Ma Matty è anche molto laboriosa, è una persona in gamba, è una donna che, nonostante l'umile condizione, ha studiato formandosi una cultura e idee ben precise su come vada il mondo.




Ma soprattutto, Matty ha una passione fuori dal comune per la materia studiata da William, le scienze naturali, e sarà questo a far avvicinare incredibilmente i due personaggi, lasciando che tra di loro si formi un rapporto basato inizialmente sulla collaborazione e la sintonia, per poi diventare qualcosa di più profondo e intimo.
Così William, inizialmente attratto dalla bellezza e dal fascino della colorata farfalla Eugenia, capirà quanto in realtà queste caratteristiche non siano che un’illusione effimera e irreale, mentre la determinazione e la perseveranza di una tenace formica, Matty Crompton, lo salveranno dal baratro in cui stava per scivolare a causa della propria poca obbiettività.





“Due cuccette…”, disse William.
“Verrò con voi. Mi avete trasmesso un grande desiderio di conoscere tutti quei luoghi paradisiaci, e non avrò pace prima di aver visto il grande Fiume e aver respirato l’aria dei Tropici”.
“No, non potete, - disse William. – Pensate alle febbri, pensate alle terribili creature velenose, pensate ai cibi scarsi e sempre uguali, agli uomini grossolani di laggiù, all’ubriachezza…”
“Eppure voi desiderate tornarvi.”
“Io non sono una donna.”
“Ah! E io lo sono”.
“Non è un posto adatto ad una donna…”
“Ma laggiù ci sono, le donne”.
“Si, ma non donne del vostro tipo”.
“Non credo sappiate che tipo di donna sono io”.


Il film
Da Morpho Eugenia è stato tratto anche un film del 1995, di Philip Haas, che conserva il titolo Angeli e Insetti, sebbene tratti solo il primo dei due racconti.
E’ un film ben fatto per quanto riguarda costumi e scenografie, molto vittoriane, e segue la trama del romanzo pedissequamente, facendo uso di un raffinato simbolismo per quanto riguarda gli abiti femminili, che spesso richiamano degli insetti.




Tuttavia, per quello che ho riscontrato io guardandolo, non è in grado di rievocare le atmosfere misteriose quasi surreali che circondano le vicende dei protagonisti. Il libro ha indubbiamente qualcosa in più: più vita, più cuore…più anima.
Il film, per quanto lo riprenda alla lettera, manca totalmente di verve. Le scene sono spesso scollegate tra di loro, tanto che più di una volta mi sono stupita di quanto rapidamente il regista abbia trattato certi passaggi…Insomma, non mi ha convinto.
Senza contare che la locandina e il riassunto introduttivo del DVD affermano in modo piuttosto imbarazzante che il film è tratto da ‘un classico della letteratura erotica’. Ma quando mai?
Sicuramente nel libro sono presenti scene di sesso, scritte peraltro con estrema delicatezza e niente affatto ‘erotiche’, scene che il regista ha pensato di ampliare e descrivere in maniera piuttosto esplicita, ma definire questo racconto un classico della letteratura erotica mi sembra davvero un pessimo modo di pubblicizzare un prodotto nel peggiore dei modi. (Ben inteso che non ho nulla contro tal genere, ma non trattandosi di ciò, non vedo perché invece affermare il contrario!).
In conclusione, libro consigliatissimo, per quanto riguarda Morpho Eugenia, film un po’ meno, anche se costumi e ambientazioni meritano!





sabato 2 aprile 2011

Quel che resta del giorno


Inghilterra, 1956. Mr. Stevens, l’irreprensibile maggiordomo della prestigiosa Darlington Hall, è alle prese con la sua prima settimana di libertà dopo una vita di puntuale e instancabile servizio. Settimana che decide di trascorrere compiendo un viaggio in auto diretto in Cornovaglia, con l’intenzione di ritrovare una vecchia conoscenza. Sarà proprio questo viaggio l’occasione per Mr. Stevens di ripercorrere il proprio passato, fatto di duro lavoro e scelte che, immancabilmente, giuste o sbagliate che siano state, l’hanno portato ad essere l’uomo che è: un uomo che ha messo la professione al primo posto su tutto, sacrificandole gioie e affetti, per perseguire un illusorio ideale di perfezione.
La scrittura di Kazuo Ishiguro, precisa e raffinata, ci consegna così un personaggio letterario di grande impatto. La narrazione, in prima persona, ci permette di prendere parte alle riflessioni che Mr. Stevens compie lungo il proprio viaggio, viaggio che si rivelerà un percorso attraverso la sua vita: dalle ironiche riflessioni su cosa faccia di un maggiordomo un ‘Grande maggiordomo’, alla considerazione di cosa implichi ‘avere dignità’; dal rapporto con il padre, visto come figura ‘mitica’, modello assoluto da cui prendere esempio, ai difficili sentimenti per Miss Kenton, la governante di Darlington Hall, di cui si innamora, ricambiato, anteponendo tuttavia a tale sentimento l’assoluta dedizione per il proprio lavoro, che ritiene molto sconveniente per un ‘Grande maggiordomo’ venir meno ai propri compiti lasciandosi distrarre da tutto ciò non inerente al servizio.

I grandi maggiordomi sono grandi proprio per la capacità che hanno di vivere all’interno del loro ruolo professionale e di viverci fino in fondo; sono individui che non si fanno sconvolgere da eventi esterni, per quanto sorprendenti, allarmanti o irritanti possano essere. Essi portano su di sé la propria professionalità allo stesso modo in cui un vero gentiluomo porta l’abito che indossa. E cioè senza consentire a dei mascalzoni o alle circostanze di strapparglielo di dosso davanti agli occhi di tutti; sarà egli stesso ad abbandonarlo quando stabilirà di farlo e soltanto allora, cosa che invariabilmente accadrà quando egli sarà rigorosamente solo. Si tratta, come dicevo, di una questione di “Dignità”.

E così, Mr. Stevens trascorre la sua vita alle dipendenze di Lord Darlington, gentiluomo moralmente discutibile ammanicato con i nazisti, donandogli la parte migliore della propria vita, lasciandosi sfuggire attimi preziosi, come quello di poter dire addio al padre sul letto di morte, o di rivelare i propri sentimenti a Miss Kenton prima che questa accetti la proposta di matrimonio di un altro uomo, che la porterà via con sé.
Vent’anni dopo, un anziano Mr. Stevens tenterà inutilmente di riafferrare ciò che ha perduto perseguendo la perfezione, rendendosi conto, infine, che il passato è passato, ed è inevitabilmente scivolato via per sempre.
Tutto ciò che rimane è la sera. E forse, non è troppo tardi per ricominciare una nuova vita.

‘Smettila di guardarti indietro continuamente. Bisogna essere felici. La sera è la parte più bella della giornata. Hai concluso una giornata di lavoro e adesso puoi sederti ed essere felice.'

Penso di non esagerare se dirò che è uno dei libri migliori letti ultimamente. Ishiguro ha una grande capacità: quella di legarti per sempre al suo personaggio. E devo ammettere che ancora adesso, dopo qualche giorno che ho terminato il libro, ogni tanto mi sento salire certo magone ripensandoci. Credo che la caratteristica principale di un romanzo ben riuscito sia quella di lasciarti sempre qualcosa, a fine lettura, e questo, per me, è decisamente un romanzo ben riuscito, tant’è che continuo a rifletterci.
E’ fondamentalmente una storia di rimpianti e struggente nostalgia per qualcosa che non si potrà riavere indietro. Occasioni mancate, le definirei. Eppure, Mr. Stevens sente di non aver totalmente sprecato la propria vita: ha dato il meglio di sé nel proprio lavoro. E anche se non ha potuto mai essere veramente sé stesso, anche se non ha potuto amare, anche se il gentiluomo cui ha dedicato la propria vita, infine, si è rivelato essere tutt’altro che un brav’uomo di alto spessore morale, Mr. Stevens ha, in qualche modo, compiuto il suo dovere. E può continuare a farlo, perché nella vita, nonostante tutto, non è mai troppo tardi.
Sono le scelte che compiamo a fare di noi ciò che siamo.
Un libro magnifico, davvero.

Il film


Non avrei potuto pensare ad un regista migliore di James Ivory per un film su un libro tanto raffinato. E Ivory non delude, affatto, dirigendo un’opera perfettamente conforme allo spirito del testo. La trama è ripresa in modo quasi maniacale: ambientazioni, dialoghi, personaggi, tanto che mi sono quasi sorpresa di aver immaginato molte scene esattamente come Ivory ce le propone.


Ci sono alcune piccole difformità, ovviamente, e qualche licenza poetica, come nello struggente dialogo finale tra Mr. Stevens e Miss Kenton, ma nel complesso l’opera letteraria non subisce stravolgimenti tra le mani di Ivory, che per questo si merita tutta la mia ammirazione.
Non era facile dirigere un film tratto da un libro fatto sostanzialmente di riflessioni personali, ma l’abile regista inglese ci riesce alla perfezione, aiutato anche dai due attori protagonisti: Anthony Hopkins, nei panni di Mr. Stevens e Emma Thompson in quelli di Miss Kenton, perfettamente azzeccati oltre che bravissimi nel far rivivere sullo schermo il tormentato rapporto che lega i due personaggi. Rapporto fatto di incomprensioni, frecciatine e molta incomunicabilità.


La simbologia di molte immagini è fortemente evocativa, come nella scena iniziale, quando, con il sottofondo delle parole di Miss Kenton, si apre la scena sull’attuale situazione di Darlington Hall: il folto e nutrito gruppo di domestici che un tempo facevano parte dello staff di Mr. Stevens è ormai un lontano ricordo, solo l’irreprensibile maggiordomo è rimasto a svolgere le proprie mansioni, quasi incurante del tempo passato a servizio nella suntuosa dimora. Ivory apre la scena su un atrio pieno di lacchè, per poi farli sfumare lentamente, come un ricordo che va dissolvendosi, lasciando, infine, Mr. Stevens che, fra due orologi, riflette amaramente sul proprio passato.


Lo stesso espediente è utilizzato in altre scene con protagonista Miss Kenton, a suggerire un senso di inevitabile perdita, una malinconia per ciò che era che non può avere fine.
E’ un film molto inglese, lento, preciso, sottilmente ironico in alcuni punti, estremamente intenso in altri.
Ivory ha inoltre dichiarato di non sapere esattamente cosa dovesse fare un maggiordomo: le mansioni del personale, il problema della dignità, la preoccupazione di servire un padrone che possiede un’integrità morale e le particolarità nel governare una villa di tanto fasto e grandiosità. Per farsi aiutare nel compito ha dunque assunto un vero maggiordomo durante le riprese, trovando un candidato davvero ineccepibile: un cameriere in pensione di Buckingham Palace, con cinquanta anni di servizio alle spalle, che gli ha fornito preziosi consigli e incredibili spunti, come nella scena in cui Mr. Stevens misura con un metro le distanze sul tavolo da buffet tra calice e piatto, tra oliere e centro tavola. Un atteggiamento molto, molto inglese!




La scena finale, con Mr.Stevens che chiude le finestre su Darlington Hall, osservando pensieroso il cielo in cui si è appena librato in volo un uccello rimasto imprigionato in una stanza della villa è incredibilmente arguta da parte del regista, che lascia intendere come, in fondo, Mr. Stevens appartenga a quel posto.


Se mai ha avuto un’occasione di libertà, ha preferito tornare nell’unico luogo cui ha dedicato la propria esistenza. Luogo che fa parte di lui almeno quanto lui stesso faccia parte di Darlington Hall, cui adesso, dopo aver smesso di guardare ad un passato perduto, può dedicarsi con rinnovato vigore, perché una seconda occasione per riscattarsi non si nega a nessuno.
Film bellissimo, che tuttavia sconsiglio di vedere prima di aver letto il libro, per non togliersi il piacere di assaporare, anticipandosi, le squisite parole di quest’ultimo.

LinkWithin

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...