venerdì 6 dicembre 2013

La camera di sangue, ovvero Barbablù

"In città è considerato un personaggio romantico, avvolto dal mistero. Non ve le immaginate, le voci che circolano? È come se avesse programmato tutto per suscitare quell’effetto: l’accento, la ricchezza, l’aspetto fisico. Le donne lo ammirano da lontano, naturalmente, almeno così dice la mia governante. Gli uomini, invece, non tanto. Lo chiamano Barbablù." (La camera di sangue, Jane Nickerson)


Barbablù è una fiaba per l’infanzia tra le più spaventose, almeno per quanto mi riguarda. Da bambina mi affascinava e inquietava allo stesso tempo, con quel corridoio buio su cui si affacciavano porte proibite, che nascondevano terribili segreti. E quel mazzo di chiavi, che non potevano essere usate, ma che esercitavano sull’ignara moglie di Barbablù un irresistibile fascino. Chi ha letto il mio romanzo Le stanze buie saprà quanto questi elementi (la porta chiusa, le chiavi che rivelano sconcertanti verità, il fascino del proibito) siano temi a me molto cari, che non smettono di incuriosirmi.
(Per chi volesse rinfrescare la memoria, ecco la favola in tutta la sua terrificante bellezza: Barbablù)

Barbablù, è un uxoricida e un serial killer. C’è poco da stare allegri. Ma, allo stesso tempo, è un personaggio che trovo misterioso e complesso, con una natura ambigua e crudele, a tratti stranamente umana. Perché affida alla moglie un mazzo di chiavi chiedendole di non usarle? Vuole metterne alla prova la fedeltà o, semplicemente, avere un pretesto per disfarsi di lei? È un pazzo omicida, o ci sono motivi più profondi a muovere la sua sete di sangue?
Jane Nickerson cerca di rispondere a queste domande e riprende questa favola nel suo romanzo d’esordio, La camera di sangue, in libreria da qualche settimana. Capirete che non potevo non leggerlo!


Soddisfatta di questa rivisitazione? Nì.
La camera di sangue è un romanzo mediocre, con una narrazione zoppicante e, a tratti, fin troppo infantile. La storia, però, è intrigante.
Sophia Petheram, la protagonista, ha diciassette anni quando, dopo la morte del padre, va a vivere con il suo padrino e tutore legale, monsieur Bernard de Cressac, un ricco amico di famiglia. De Cressac è un uomo sulla quarantina, terribilmente affascinante, mostruosamente ricco e quattro volte vedovo. Tutte le sue defunte mogli avevano i capelli del colore delle foglie in autunno, come quelli della giovane Sophia. La ragazza, inizialmente, resta offuscata da tanta ricchezza e opulenza, dai modi galanti e affascinanti del suo padrino, un uomo che ha girato il mondo e che parla con uno stupendo accento francese (a me ha ricordato molto il Jean-Claude della Hamilton^^). Solo con il passare dei mesi inizierà a rendersi conto che qualcosa di torbido e malvagio è celato sotto all’oro e agli stucchi dell’immensa dimora di Monsieur de Cressac. E che lui stesso, dietro i modi affabili e premurosi, nasconde lati di sé sinistri e alquanto spaventosi…
Ambientato nel Sud degli stati uniti alla metà dell’Ottocento, La camera di sangue tocca temi interessanti come la condizione della donna e la fuga degli schiavi verso il Nord tramite la Ferrovia sotterranea, ma solo di sfuggita, e solo superficialmente. Anche i personaggi sono poco approfonditi e, a tratti, fin troppo contemporanei nel modo di parlare e negli atteggiamenti (soprattutto Sophia, molto più simile a un’adolescente dei giorni nostri che a una morigerata signorina vittoriana). De Cressac esce un po’ meglio, ma non buca la pagina come dovrebbe. È di certo un personaggio ricco di fascino, ma è un fascino un po’ greve, poco fine. Un uomo tanto furbo da riuscire ad assassinare tutte e quattro le mogli e a farla sempre franca avrebbe dovuto essere più sottile, secondo me. Più subdolo, ecco.
Insomma, poteva essere un romanzo grandioso, ma la scrittura lo penalizza un po' e anche l’elemento misterioso e inquietante passa in secondo piano, assorbito dalle descrizioni di vezzosi abiti e dalle, spesso frivole, considerazioni della protagonista. Il finale, poi, appare sbrigativo e troppo superficiale, pur mantenendosi perfettamente in linea con la favola. Peccato dunque, perché le intenzioni erano davvero ottime.
Tre stelline e mezzo. Una bella storia, ma poteva essere raccontata meglio.

venerdì 8 novembre 2013

Le stanze buie: la recensione di Carlo

Ci sono persone che ti sorprendono, che ti fanno sorridere e ti commuovono anche un po'. Sono quelle persone che nella casella dei messaggi ti lasciano parole come queste:

'Ciao Francesca! Volevo dirti che ho finito di leggere il tuo libro e mi è piaciuto molto... davvero tanto! Mi piacerebbe scriverne una recensione anche per darti una mano a pubblicizzarlo, perché lo meriti; io ho un blog ma si occupa di tutt'altro (informazione giuridica), se vuoi puoi pubblicarla sul tuo blog, o passarla ad altri!'

E così ho fatto. Lui si chiama Carlo, è un appassionato lettore e questo è il suo blog:
Matti da legale.
Ecco la sua recensione al mio romanzo:

"Che ne è stato delle storie, nei romanzi? Dove sono finite le trame da ricordare, i personaggi da tenere dentro anche dopo che l'ultima pagina del libro si è chiusa? Me lo domando spesso, specialmente se mi capita di leggere gli scrittori italiani delle ultime generazioni: nel tentativo di risultare originali ad ogni costo, cercano lo stile, il colpo di teatro verbale, a volte con risultati imbarazzanti. Così i lettori non trovano più le storie, né la capacità di raccontarle senza il bisogno dello stile a tutti i costi: perché la padronanza della lingua nel raccontare, a volte, fa centro come una freccia. Più dello stile, più dell'originalità, la padronanza delle parole è uno stile di per sé.
Qualche tempo fa mi è capitato questo libro tra le mani: copertina elegante, note sul risvolto semplici e di presa immediata, una frase estratta dal romanzo e piazzata sul retro a sostituire quelle sinossi che spesso servono più a chi vuol recensire senza leggere che al lettore curioso. E un titolo che dice e non dice: "Le stanze buie".
L'autrice è Francesca Diotallevi, milanese trapiantata a Roma, che sulle note ci anticipa poco di sé come ci si aspetta da chi vuol far parlare il suo primo libro.
E allora facciamo parlare le stanze buie di questo romanzo: dicevamo della bellezza della storia. Francesca ci racconta di un maggiordomo puntiglioso e impeccabile, figura d'altri tempi, che per una questione ereditaria si trasferisce al servizio di una famiglia delle Langhe, lasciando la ben più aristocratica Torino. Nella sua nuova sistemazione, troverà una serie di persone e di avvenimenti che cambieranno per sempre la sua vita.
L'Autrice ci spinge con forza nella narrazione, con una mano abile e - lo dicevo sopra - pienamente capace: le parole sono scelte con una cura naturale, mai ostentata e sempre funzionale al racconto. Il lettore troverà spesso un vocabolario preso da un tempo ormai passato, con un fascino innegabile che stona quasi con la ricerca ossessiva di modernismo e post-modernismo propria dell'arte di questi ultimi anni.
La storia oscilla su più generi letterari, mantenendo inalterato il registro: un grande pregio che rende compatta e coerente la lettura, facendo apprezzare ancor di più la capacità narrativa di tenere sotto controllo il racconto, impresa non facile quando si sceglie il racconto in prima persona. Il lettore si sposta avanti e indietro negli eventi, sfiorando il tema della circolarità del tempo e godendo di una serie di sensazioni che lo coinvolgono su più lati: come potremmo avvertire i profumi di un tempo che non viviamo, se non grazie alla parola? E di profumi questo romanzo ne sprigiona molti.
Così, le stanze buie della casa che fa da teatro agli eventi diventano un luogo nel quale cercare i sentimenti: non è forse una stanza chiusa il cuore del protagonista, che sembra aver sepolto in soffitta ogni forma di affetto per sé e per gli altri, in nome di un'etichetta che gli deriva dal suo ruolo sociale? E poi: vale sempre la pena far entrare la luce dove l'ombra del tempo ha deciso di calare il suo mantello? Non si rischia di venirne inondati fino a non vedere più nulla, proprio come quando ci si trova in una stanza buia?
Quando una storia e dei personaggi così veri riescono a lasciarti queste domande vuol dire che il loro inventore ha fatto davvero un ottimo lavoro, e Francesca ha limato ogni cosa in modo preciso, da artigiana della parola. In questo tempo di deserti letterari, vi pare poco?
Un piccolo appunto personale: tra i ringraziamenti, l'Autrice ha citato alcune sue influenze, ma il lettore poi è libero di fantasticare e io ho sentito qualche retrogusto di Moravia e del suo "Gli indifferenti", nelle pose dei personaggi, nella capacità di delinearne i tratti psicologici più con le loro azioni che con le parole o con le introspezioni; anche il piacere di ritrovare questi ingredienti, che magari l'Autore non ha mai preso in considerazione, è una soddisfazione che pochi libri sanno dare."

mercoledì 6 novembre 2013

Il libro della settimana, su Repubblica.it, è il mio!

Cose bellissime, cose che non avresti mai pensato potessero succedere a te, cose che a volte capitano e ti lasciano senza parole. Il mio romanzo è il libro della settimana per Repubblica.it, edizione Torino.

Repubblica.it - il libro della settimana: 'Le stanze buie'

Sono davvero grata a Massimo Novelli, il giornalista che ha scritto la recensione e che ne ha parlato nel video correlato. Ha usato parole bellissime e mi ha dimostrato, via mail, una gentilezza davvero fuori dal comune.

Per chi volesse farsi un'idea in più, sul romanzo, oltre a Repubblica ne parlano dei blogger che stimo davvero molto:

Una fragola al giorno

La Stamberga dei lettori

La Leggivendola

Nina Pennacchi's blog

E guardo il mondo dal mio blog

lunedì 4 novembre 2013

Autunno

Prendi un gruppo di amici, una casa in montagna, in un paese un po' isolato, un weekend lungo e l'autunno, in tutta la sua poesia...
Ah, e una casa molto particolare, immersa nel fitto del bosco, abbandonata e inquietante...
*ispirazione alle stelle*

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


lunedì 21 ottobre 2013

Resoconto libresco

Qualsiasi cosa, se rimane a lungo uguale a se stessa, finisce per esaurire a poco a poco la propria energia. (Haruki Murakami, A Sud del confine, a Est del sole)

Gli ospiti abituali di questo piccolo salotto se ne saranno certamente accorti: ho completamente stravolto la grafica del blog. Il motivo è, in parte, riassunto nella citazione di apertura di questo post. Piccolo Sogno Antico è nato tre anni fa, e iniziava ad accumulare la polvere negli angoli. Non avevo mai fatto ‘pulizia’, non avevo cambiato una virgola, e non mi riconoscevo più nei suoi toni pastello e nella grafica frou frou. Sono cresciuta anche io in questi tre anni, e sono cambiata: adesso voglio spazi bianchi, semplici e ariosi. Voglio più essenzialità, più luce e meno ombre. Le mie passioni, tuttavia, non sono cambiate. Questo angolino resterà sempre un posto dove il passato la fa da padrone. E dove il profumo dei libri impregna l’aria.
A proposito di libri, mi sono accorta che è davvero da tanto che non posto nulla in proposito…
Così ho deciso di rimediare con una carrellata di mini recensioni di libri che, nell'ultimo anno, mi hanno fatto battere il cuore. Forse non è ancora tempo di bilanci, o forse sì. Oggi è il mio compleanno, in fondo, tutti i miei libri sono negli scatoloni pronti a trasferirsi con me nella nuova casa e io sono in vena di guardare indietro e fare un rendiconto!




Verde Oscurità, Anya Seton, edizioni Beat

Meraviglioso. Non trovo altre parole per descrivere questo libro che mi ha davvero affascinato. La storia si snoda attraverso due epoche, l’Inghilterra del 1500 e quella del 1960, ma i luoghi e i personaggi sono gli stessi. Il romanzo affronta, infatti, il delicato tema della reincarnazione, e lo fa in modo molto coinvolgente. E’ possibile riparare i torti del passato e avere una seconda chance dalla vita? Questa è la premessa che Anya Seton pone come base della sua storia. La protagonista, Celia, è una giovane neosposa infelice. Il suo matrimonio con l’avvenente Richard, baronetto inglese, sta inspiegabilmente naufragando. Il loro incontro sembra sia stato voluto dal destino, ma presto qualcosa di oscuro arriva a turbare il loro matrimonio. Un male che sembra affondare le sue radici nell’epoca in cui il trono d’Inghilterra era conteso tra Maria la Sanguinaria ed Elisabeth I e in cui gli scontri tra cattolicissimo e protestantesimo erano più accesi. A quel tempo, infatti, Celia era una giovane donna di incredibile bellezza e Richard un austero monaco di nome Stephen, rigido e profondamente devoto…
La scrittura della Seton è precisa e avvolgente, la ricostruzione storica impeccabile e la storia d’amore tra Celia e Stephen appassionata, sofferta e tragica. A questo si aggiunge il fascino di una teoria, quella della reincarnazione, che ha il suo perché e fa di questo romanzo un vero gioiello, salito di diritto nella mia personale top ten dei migliori libri mai letti.






Il medico di corte, Per Olov Enquist, edizioni Iperborea

Questo romanzo è una piccola perla. La storia della Rivoluzione danese, messa in atto dall’illuminista Johann Friedrich Struensee, giovane medico tedesco alla corte di re Cristiano VII, è riportata con una scrittura raffinata e impeccabile. E Struensee è un personaggio davvero incredibile, che mi ha profondamente colpito. Siamo nel diciottesimo secolo e Cristiano è un re bambino che una rigida istruzione ha portato sull’orlo della follia. Lo scopo di questa dottrina è quello di rendere il monarca incapace di prendere una qualsiasi decisione, creando un vuoto di potere che dia modo alla corte di detenere tutto il potere. Fino all’arrivo di Stuensee. Il giovane medico, imbevuto di idee illuministe, entrerà in sintonia con Cristiano e riuscirà, in breve tempo, a farsi nominare primo consigliere, mettendo in atto una Rivoluzione ‘da scrivania’, senza spargimenti di sangue. ‘Un sessantotto in porcellana’, come l’ha definito Alessandro Baricco. Ma Struensee nella sua ascesa al potere farà l’errore, imperdonabile, di innamorarsi, ricambiato, della Regina, la giovane sposa rifiutata da Cristiano, Caroline Mathilde. Il loro amore proibito sarà la rovina di entrambi. Per Olov Enquist riscrive una storia vera dandole un’energia e un pathos che portano a commuoversi e indignarsi, a schierarsi. Ma sarà una battaglia persa in partenza… o forse no? Da leggere per assaporare un pezzo di storia e per scoprire un amore senza tempo.
 



L'ultima fuggitiva, Tracy Chevalier, Neri Pozza editore

Il cuore di Honor Bright, quacchera mite e silenziosa, è spezzato: il fidanzato l’ha piantata a un passo dal matrimonio, per stare con un'altra donna. Per non dover sopportare, oltre al dolore, anche l’imbarazzato sguardo compassionevole degli altri membri della comunità, Honor prende una sofferta decisione: lascerà l’amato Dorset e si imbarcherà per l’America con la sorella Grace, promessa sposa di Adam Cox, residente in Ohio. Solo una volta attraversato l’Oceano Honor si renderà conto che L’America non è come l’aveva immaginata: tanto sconfinata da incutere timore, popolata da persone terribilmente schiette, ma soprattutto afflitta da un grave male: la schiavitù. Quando Grace morirà di febbre gialla prima di aver raggiunto il futuro marito, Honor si ritroverà improvvisamente sola, incapace di adattarsi alla sua nuova vita e in preda alla nostalgia. Dovrà allora imparare a proprie spese la lezione più grande: in America, dove tutto è nuovo, le persone vogliono guardare avanti, non indietro. ‘Noi non piangiamo sulle disgrazie, voltiamo pagina’
Tracy Chevalier non delude mai. I suoi romanzi ti portano dritti dentro l’epoca di cui narra, ti fanno sentire sapori e profumi, ti svelano usi e costumi e, soprattutto, ti fanno conoscere personaggi incredibilmente reali: la fragile e tenace Honor; Donovan, il cacciatore di schiavi, tanto abietto e brutale quanto capace di incredibili slanci di tenerezza; Belle, la modista spregiudicata, donna moderna in un paese di bamboline; Jack, uomo appassionato ma sottomesso alla volontà di una madre arcigna…
Sono tanti i motivi per leggere questo libro, ma il primo resta, appunto, il fatto che Tracy Chevalier non delude mai!



 
 
La morte del cuore, Elizabeth Bowen, Neri Pozza editore

È la storia di Portia, che a quindici anni resta orfana e deve trasferirsi nella suntuosa casa londinese dello sconosciuto fratellastro maggiore Thomas. La sua ‘grave’ colpa è quella di essere nata in seguito all’adulterio del padre di Thomas con una donna più giovane. Thomas non ha mai perdonato suo padre per il tradimento e il conseguente divorzio, perciò accetta Portia con la stessa freddezza che riserverebbe a un perfetto sconosciuto. Sua moglie Anna non sarà da meno.
La prima immagine che mi viene in mente, dopo aver finito questo romanzo, sono quelle eteree merlature di brina che ricoprono i vetri delle finestre in inverno. Il mondo, dall’altra parte, appare incorporeo, evanescente. Freddo ed elegante.
Così è questo libro, che affronta la perdita dell’innocenza e il crollo delle illusioni con disincantata leggerezza, come dita che sfiorano appena i tasti di un pianoforte, creando una musica lieve e malinconica insieme. Si osservano le vite dei personaggi con distacco, perché è così che ce li mostra la Bowen, prediligendo una magistrale descrizione delle atmosfere a discapito dei sentimenti. Eppure i sentimenti sono lì, appena percepibili sotto il rigido autocontrollo di coloro che si muovono tra queste pagine, e sono pronti a esprimersi nel peggiore dei modi: con la morte del cuore.
E’ veramente un piccolo capolavoro questo libro, ma tiene a distanza, impedisce al lettore di varcare la soglia dell’intimità, della comunione con i protagonisti, che è necessaria per affezionarsi a loro.
E’ come quella finestra coperta di ghiaccio che rende ogni cosa meravigliosa e incantata. Ma è pur sempre una barriera. Anche se la scrittura è talmente evocativa da risultare pressappoco perfetta.


 
 

Le braci, Sandor Marai, Adelphi

Due uomini e una donna, il più classico dei triangoli. Due uomini ormai anziani, un tempo migliori amici, quegli amici che sono un po' anime gemelle, ma che la vita ha separato nel modo più crudele: facendoli innamorare della stessa donna. Ora, lei è morta e loro sono alla resa dei conti. Le braci sono ciò che rimane del loro passato, una storia che verrà sviscerata nel corso della notte in cui si troveranno, finalmente, uno di fronte all’altro, dopo quaranta anni, a cercare di capire chi dei due abbia pagato il prezzo più alto per le scelte che sono state compiute. Sembra una storia scontata, eppure c’è qualcosa, in questo libro, che lo rende magnetico e intrigante, e che ti rende incapace di staccare gli occhi dalla pagina. O forse è solo il modo in cui è scritto. Che se sapessi scrivere così… se sapessi scrivere così sarei Sandor Marai, appunto.

domenica 6 ottobre 2013

La colonna sonora del mio romanzo (prima parte)

Il mio romanzo è uscito da due settimane e mi ha già dato tante, bellissime, soddisfazioni. Mi stupisco, e mi commuovo, davanti alla reazione delle persone che si rapportano con il mio libro... davanti alle loro parole gentili, al loro entusiasmo, al loro interesse. Scrivere è condivisione, e non esisterebbero storie senza persone disposte ad ascoltarle. A questo proposito vorrei segnalarvi la mia intervista sul blog della scrittrice Nina Pennacchi^^
Oggi vorrei farvi ascoltare qualcuna delle canzoni che mi hanno ispirato durante il processo di scrittura. In sostanza, questa è la musica che ho ascoltato e riascoltato ripetutamente mentre scrivevo, e che resterà sempre legata a quel periodo e a questa storia.







PS: per chi volesse seguirmi su Facebook, questa è la mia PAGINA

venerdì 13 settembre 2013

Le stanze buie - il mio primo romanzo


Vi ho tenuto un po' sulle spine...


Ma ecco svelato il mistero... si tratta del mio primo romanzo, edito da Mursia!




Sinossi
Torino, 1864. Un impeccabile maggiordomo di città viene catapultato nelle Langhe: per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, dovrà occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores. Il protagonista si scontra così con il mondo provinciale completamente diverso da quello dorato e sfavillante dell'alta società torinese e con le abitudini dei nuovi padroni e dei loro dipendenti. Nella casa ci sono un conte burbero, una donna eccentrica e anticonformista, ma anche sola e infelice, un cameriere dalla doppia faccia e una vecchia che sa molte cose, ma soprattutto c'è una stanza chiusa da anni nella quale non si può assolutamente entrare. A partire da questo e da altri misteri il maggiordomo si troverà, suo malgrado, a scavare nel passato della famiglia per scoprire segreti inconfessati celati da molto tempo e destinati a cambiare per sempre la sua vita.


Ci ho lavorato a lungo, con impegno, e vederlo pubblicato è un'emozione grande, indescrivibile.
Il libro sarà disponibile in libreria dal 23 settembre. per il momento è possibile trovarlo su diverse librerie online (e con un discreto sconto), tra cui:

IBS
Amazon
Libreria Universitaria
Mondadori

Chi segue questo blog conosce le mie passioni (la storia, il passato) e i miei gusti letterari (classici, gotici, romance). Questa storia è una summa di ciò che amo, semplicemente. C'è un po' di Jane Eyre, un po' di Henry James, un'eco di Kazuo Hishiguro... e tanto di me.
Spero con tutto il cuore che avrete voglia di curiosare tra queste pagine, magari di perdervi nelle sue stanze buie... e condividere questa avventura con me!
(Al più presto anche la pagina facebook e il sito web)
Vi terrò aggiornati!

mercoledì 12 giugno 2013

Maria Antonietta tour 2013


Un blog come questo, che ama Parigi e Maria Antonietta, non poteva non segnalarvi questa splendida iniziativa:

Il Maria Antonietta Tour 2013

Il tour è organizzato da Arianna del blog E guardo il mondo dal mio blog e Alice de La Parigi di Maria Antonietta.


Allora, che programmi avete per agosto?
Se non avete ancora deciso dove andare in vacanza potreste prendere seriamente in considerazione l'idea di passare l'estate sulle tracce della più famosa e discussa delle Regine francesi...


Potete trovare tutte le informazioni che vi occorrono QUI
e QUI.
Per iscrivervi, o semplicemente per saperne di più, scrivete a: ma2013tour@gmail.com

giovedì 4 aprile 2013

Parigi sotto la neve



Lo so, lo so… sono sparita dal blog da tanto, troppo tempo.
Bé, la buona notizia è che sono ancora viva! Mi sono solo trasferita, e questo ha comportato conseguenze che penso immaginerete: cambiare città, traslocare, imparare a usare un ferro da stiro… sono tutte cose che richiedono del tempo!


Comunque, nella speranza che in futuro riesca a trovare un po’ di tempo per seguire il blog, volevo parlarvi… di Parigi. Strano, eh? :D
Sì, è vero, ormai siamo in primavera, ma… siamo tutti d’accordo che quest’anno, la botticelliana signora dai capelli d’oro e dalle vesti decorate di fiori è decisamente in ritardo.
Se guardo fuori dalla finestra vedo un cielo grigio peltro, come nei migliori mesi invernali. Indosso ancora il cappotto e le collant pesanti, e non ho ancora ritirato gli stivali.
Perciò, queste foto scattate a gennaio non sono poi così fuori tema!
L’anno scorso, sotto l’albero di Natale, ho trovato un regalo graditissimo: un weekend a Parigi con tanto di biglietto d’ingresso per la mostra ‘L’impressionismo e la moda’. E io che pensavo che in quella scatola (accuratamente camuffata dal mio ragazzo) ci fossero un paio di scarpe!
Siamo partiti da Roma senza sospettare che al nostro arrivo avremmo trovato un clima polare… che freddo! Ma che meraviglia…
Benché fossi stata a Parigi diverse volte, mai mi era capitato di vederla così candida. La neve ha iniziato a cadere il venerdì (quando siamo arrivati) e non ha smesso fino al lunedì (quando siamo ripartiti). Innegabili i disagi: molti posti che desideravamo visitare erano chiusi proprio a causa del clima avverso. Ma è stato sorprendente ri-scoprire la città che ho nel cuore sotto una veste tanto insolita. In alcuni scorsi sembrava quasi d’essere tornati indietro di cent’anni, una Parigi in bianco e nero, come nelle migliori foto d’epoca!
La domenica è stato bellissimo passeggiare per gli Champ de mars con i parigini che, sorpresi quanto noi dall’insolita nevicata, si dilettavano in pupazzi e battaglie a palle di neve!
Vi lascio con qualche foto!
 
 

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