domenica 12 giugno 2011

Oh, Bel-Ami...


Oh, Bel-Ami…
Georges Duroy, il protagonista dello splendido libro di Maupassant, è un personaggio decisamente difficile, scomodo. Potrete amarlo, per la sua astuzia e per quella magnifica faccia di bronzo che si ritrova, o detestarlo, per la sua bassezza e la sua meschinità, ma credo che in ogni caso, nel bene o nel male, non vi lascerà indifferenti.
Ma chi è l’affascinante quanto scaltro personaggio che ci consegna Maupassant tra le pagine del suo libro più importante?


Parigi, fine Ottocento. Georges Duroy, ex militare in Sudan e giovane uomo di incredibile bellezza, conduce, nonostante le aspirazioni, una vita al limite della povertà, sopravvivendo grazie al modesto lavoro come impiegato nelle ferrovie Nord.
Riccioli biondi, fisico snello e viso d’angelo, Georges, figlio di due modesti locandieri nato e cresciuto in un piccolo paese della Normandia, non ha tuttavia alcuna intenzione di rassegnarsi a questo magro destino. Ambizioso e senza pudore, l’avvenente giovanotto inizia la sua scalata sociale grazie alla generosità di un ex compagno d’armi, ora sposato e con una brillante carriera come giornalista, che gli tende una mano offrendogli un impiego nel giornale in cui lavora. Poco importa se le doti di scrittore di Georges rasentano lo zero. Quel che conta è farsi notare negli ambienti bene, nei salotti della Parigi influente, e, non meno rilevante, nei letti delle donne giuste, quelle importanti, che possono aprirgli tutte le porte.


Seguiamo così, pagina dopo pagina, la scalata sociale di un uomo senza grandi qualità, ammantato però di una sana dose di cinismo e indifferenza per chi gli sta accanto, che sfrutta secondo i propri comodi e le proprie necessità. La sua bellezza gli permette di avvicinare le donne più inavvicinabili, mentre il savoir fair gli concede di intessere le più raffinate relazioni sociali, col solo scopo, sempre davanti a sé, di innalzare la sua posizione. E, incredibilmente, al prezzo di molti cuori infranti e di bassezze degne del più amorale degli uomini Georges ce la fa, passando da squattrinato impiegato delle ferrovie, senza alcuna prospettiva, a diplomatico in carriera con una rendita da milionario.
Quello che lascia dietro di sé, in questa arrampicata sociale, è abiezione e crudeltà, ma poco importa.
Il fine giustifica i mezzi, direbbe Georges, che spesso e volentieri si rivela privo di scrupoli e totalmente sfornito di sentimenti.


Maupassant è un mago con le parole: poche pennellate per descrizioni che riescono a portarti scene intere davanti agli occhi. Interni borghesi perfettamente ricostruiti, rapporti interpersonali perfettamente esplicati tramite i dialoghi, il ritratto di una Parigi ottocentesca viva e in pieno fermento, i suoi locali alla moda, i suoi luoghi più charmant e quelli più degradati.
Mai una virgola fuori posto.
Un vero scrittore, senza dubbio.
Pazienza se il suo personaggio è odioso come pochi. Pazienza se è un uomo basso e sciagurato nelle sue scelte di vita. Maupassant non lo giustifica, piuttosto, lo spiega.
In modo perfetto ed accurato, tanto che sembra quasi di trovarselo seduto a fianco, con quel sorriso impertinente e i favoriti ben curati, a chiederti se gradisci un Maron Glacè.
Perché Georges ci sa fare con le donne, ed è questa la sua fortuna, l’occasione che gli permette di fare il salto di qualità.
Per sua buona sorte, ai tempi non si parlava ancora di femminismo, o non sarebbe stato tanto semplice, per lui, farla franca!


In conclusione, un buon libro, da leggere perché scritto magnificamente, con un protagonista ‘cattivo’ e assolutamente politicamente scorretto, che forse vi appassionerà, forse vi irriterà, ma senza dubbio vi incuriosirà, perché in fondo è anche molto umano, pieno di debolezze, gelosie, e risentimenti che, nonostante tutto, rendono, credo, impossibile odiarlo fino in fondo.

Prossimamente anche il film con Robert Pattinson nei panni del bel Duroy, che, a giudicare dalle immagini, promette bene. Lo spero, perché ultimamente al cinema stanno sfornando un film banale dietro l’altro.
Qualcuno ha notizie sull’uscita di Bel-Ami?

domenica 5 giugno 2011

La collina più alta: recensione e intervista con l'autrice


Titolo: La collina più alta
Autore: Sara Aldegheri
Editore: Zerounoundici Edizioni
Collana: Selezione
Genere: Sentimentale storico
Pagine: 224
Blog dell'autrice: Sara Aldegheri

Oggi ho un libro da consigliarvi, e una piacevole chiacchierata con la sua autrice da proporvi!
Se avete amato Jane Eyre e Orgoglio e Pregiudizio, come credo sia per la maggior parte delle persone che seguono questo blog, fidatevi, amerete certamente anche il libro di Sara Aldegheri, giovane e talentuosa scrittrice esordiente che si affaccia nel panorama dell’editoria italiana proprio con La collina più alta, romanzo storico-sentimentale ambientato nell’Inghilterra del XVIII secolo.
Siamo nel 1768, Jane Leighton, ventenne, è una ragazza di buona famiglia che, a causa degli enormi debiti di gioco del padre, sta per perdere tutto. Apparentemente ordinaria esteriormente, Jane è però una ragazza con la testa sulle spalle, una visione del mondo ben precisa, e una lingua sferzante che non le impedisce di esporre il proprio punto di vista, per quanto questo sia deplorevole vista la sua condizione di giovane fanciulla. A farne le spese, proprio all’inizio del libro, sarà soprattutto Mr. Hench, facoltoso e scorbutico gentiluomo della zona, che si vedrà ‘rimettere al suo posto’ dalla ferma determinazione della ragazza, per nulla intimorita dal suo aspetto autoritario e dalla sua posizione. Eppure, quando infine, alla morte del padre, i numerosi debiti accumulati costringeranno Jane e la sua famiglia a lasciare casa e affetti, sarà proprio Hench che tenderà una mano alla ragazza, offrendole un posto come cameriera nella sua tenuta, offerta che Jane, suo malgrado, si troverà costretta ad accettare, divenendo una sua dipendente a tutti gli effetti, e dunque costretta ad ‘ubbidirgli’.
La convivenza si rivelerà però da subito ostica e difficoltosa, e i numerosi tentativi di Hench di avvicinarsi a Jane, di cui comunque subisce il fascino, totalmente inutili. Perché Jane, sola, confusa e spaventata, dovrà prima di tutto rimettere insieme i pezzi di una vita andata in frantumi e affrontare un certo tipo di percorso interiore prima di rendersi conto che Hench non rappresenta una minaccia, ma un’opportunità: l’opportunità di essere felice, finalmente.
C’è molto realismo nel loro lento avvicinarsi, senza colpi di scena sensazionali, ma un progressivo studiarsi, conoscersi, comprendersi.
Perché Jane e Hench sono in realtà molto più simili di quel che entrambi potessero sospettare, spiriti affini, anime gemelle. Ma, allo stesso tempo, sono molte le difficoltà e gli ostacoli che entrambi dovranno superare per trovarsi, infine, in un rapporto paritario.
Perché finché Hench sarà il suo padrone, Jane non sarà mai veramente libera, ed è questa libertà, prima di tutto, che la ragazza dovrà conquistare, per poter crescere e scegliere senza vincoli o impedimenti.
L’autrice si dimostra, nonostante la giovane età, abile narratrice e acuta osservatrice, proponendoci personaggi finemente descritti, frutto dell’approfondita introspezione che sta alla base del percorso di crescita interiore di entrambi.
Perché non sarà solo la piccola Jane a maturare, divenendo una donna, ma anche il burbero Hench, che, grazie al rapporto con Jane comprenderà meglio se stesso, cambiando parte dei suoi atteggiamenti.
Una storia d’amore, dunque, ma anche e soprattutto un romanzo di formazione, in cui i protagonisti cambiano, si evolvono, sbagliano, cadono e si rialzano.
Una storia fortemente vera, che ha gli echi dei grandi romanzi di un tempo, cui l’autrice si è ispirata, ma anche leggerezza e ironia, sapientemente dosate per stemperare i toni più accesi e, talvolta, cupi. Scritta con indubbia bravura, fluida e scorrevole.
Assolutamente consigliato, se siete amanti del periodo e delle belle storie d’amore, ma senza miele e fronzoli.
E adesso, facciamo quattro chiacchiere con l’autrice, che è una persona davvero carina e disponibile!

• Ciao Sara! Benvenuta su Piccolo Sogno Antico! Parlaci un po’ di te, dei tuoi interessi e di come è nata la tua passione per la scrittura…


Ciao Francesca e grazie per avermi voluta qui con te. La mia passione per la scrittura direi che è nata insieme a me, e che siamo cresciute insieme. Col tempo è stata affiancata ad altre passioni forti (l’arte, i viaggi, la storia), ma non è mai passata in secondo piano. Ancora oggi la scrittura è la mia cartina di tornasole: se non mi perdo in fantasticherie su possibili intrecci e se non sento il desiderio di scrivere qualcosa vuol dire che non sto bene…

• Scrivere, si sa, richiede pazienza e tenacia. Come ti sei mossa per la stesura del tuo primo romanzo, La collina più alta? Quali le difficoltà maggiori incontrate?

“La collina più alta” è nato in tre successive tappe. La prima stesura l’ho scritta di getto, in tre mesi, durante il primo anno di Università. Non è stato difficile, ero veramente molto ispirata e passavo ore a scrivere senza rendermi conto del tempo che passava. In seguito, approfondendo gli studi universitari e le mie ricerche personali, ho cercato di sistemarne l’accuratezza storica, e questo direi che è stato il momento più delicato. Poi, per una serie di circostanze, il romanzo è rimasto fermo per molto tempo, quasi dimenticato. Era concluso, sembrava pronto per essere letto da qualcuno, ma in realtà sentivo che non lo era veramente. Dopo alcuni anni sono riuscita a capire che cosa mi frenasse, l’ho sistemato e ho deciso che era arrivato il suo momento.

• Ho trovato, nel tuo libro, una perfetta e precisa ricostruzione storica degli usi e costumi dell’epoca, segno di un’approfondita ricerca. Hai compiuto degli studi specifici o è solo una grande passione portata avanti con impegno?

Sono sempre stata appassionata di storia e mi ritengo fortunata perché, nel mio caso, studio e passione sono andati avanti a braccetto per diversi anni. Anche all’Università ho potuto dedicarmi a quello che più mi piaceva, a partire dai semplici esami fino alla stesura della tesi, che mi ha fatto immergere nella ricerca storica e storico/culturale in particolare. Ho cercato di rendere “La collina più alta” il più possibile aderente alla realtà del tardo Settecento inglese, ma devo ammettere che ogni tanto mi sono presa qualche piccola licenza letteraria ;-)


• Mr. Hench, il tuo protagonista, è un uomo illuminato: legge Diderot, diserta la chiesa e si da all’alchimia, credendo fermamente che solo grazie alla scienza si possano cambiare le sorti dell’uomo. Ti sei ispirata a qualche personaggio storico realmente esistito per dargli vita?


Sì, più o meno. Hench è un “uomo del suo tempo”, un intellettuale illuminato e convinto della forza della ragione contro le superstizioni e al servizio del progresso, e porta in sé, in particolare, un po’ di Diderot e un bel po’ di Voltaire. Non sono solo gli studi alchemici a renderlo uno scienziato: lo è perché guarda il mondo che lo circonda con metodo scientifico, perché per ogni cosa procede per tentativi, per ipotesi e confutazioni. Anche il suo modo di approcciarsi a Jane è, in un certo senso, scientifico: la studia e la indaga, tentativo dopo tentativo, per capire il suo carattere e le sue reazioni. Questo, lo sappiamo, non è il modo migliore per comprendere le donne… e infatti gli servirà quasi tutto il libro per capire Jane ;-)

• Leggendo il tuo romanzo si possono cogliere alcune influenze letterarie: Jane Eyre, Orgoglio e Pregiudizio e Pamela quelle che mi è sembrato di cogliere. Quali sono i tuoi autori di riferimento? C’è un genere che prediligi?

Il riferimento a Pamela è inevitabile, ma i due romanzi che mi hanno segnata e influenzata maggiormente sono gli altri due che hai citato. Sono cresciuta a pane e Austen, potremmo dire. Jane Eyre, invece, è il libro che ancora oggi mi rispecchia di più ed è quello che viene più rieccheggiato nelle pagine del mio romanzo.
Ho due maestri di stile, diversissimi tra loro: Umberto Eco e Michel Faber. Il mio genere preferito direi che corrisponde a quello che scrivo: l’ambientazione storica per me è imprescindibile, meglio se con vicende sentimentali annesse (è una mia debolezza e sarà dura disfarsene). Mi piacciono i romanzi dal sapore “aristocratico”, che trattano dell’amore con delicatezza e senza trascurare l’introspezione dei personaggi. Mi piacciono le storie che richiamano i vecchi “romanzi di formazione”, in cui i protagonisti vivono una sorta di percorso che li porta a cambiare psicologicamente. Infatti “La collina più alta” può essere letto sì come una storia d’amore, ma anche come il resoconto del percorso formativo di Jane, della sua maturazione da ragazza a donna.

• Victor Hugo diceva che ‘i veri grandi scrittori sono quelli il cui pensiero occupa tutte le pieghe e gli angoli del loro stile’. Tu, da editor, cosa pensi debba avere uno scrittore per essere ‘un vero grande scrittore’?

Un vero scrittore, a mio parere, deve essere prima di tutto un ottimo osservatore. Deve avere una forte curiosità per la parola scritta e deve abituarsi a cogliere i dettagli, nella vita quotidiana così come nei libri che legge. Non deve per forza leggere una valanga di libri per scrivere bene, l’importante è che legga con attenzione, con spirito critico e cercando di “rubare” qualcosa per sé (un’espressione, una descrizione, un dialogo particolare…). E poi deve avere una pazienza da Oscar nell’esercitarsi tanto, tantissimo. Scrivere è riscrivere: quasi nulla viene bene al primo tentativo!

• Hai già molta esperienza nel campo dell’editoria, per essere così giovane! Hai qualche consiglio da dare a chiunque voglia provare a scrivere un romanzo sperando di riuscire a pubblicarlo?

Sì, credo che chiunque scriva con l'obiettivo della pubblicazione dovrebbe trovare una persona fidata, o più di una, in grado di leggere i suoi lavori con la maggiore imparzialità possibile. Le impressioni di un’altra persona, di un occhio critico esterno, possono essere stupefacenti, oltre che determinanti. Il mio consiglio quindi è: prima di inviare il vostro romanzo in valutazione a una casa editrice, fatelo leggere a qualcuno che vi conosce. E chiedetegli di essere spietato.

• Grazie mille per la tua disponibilità Sara! Prima di salutarti, puoi accennarci qualcosa sui tuoi progetti futuri?

Immagino che smettere di scrivere per me sarà impossibile. Anche sotto le bombe sarei capace di tirare fuori carta e penna… L’idea che mi frulla nella mente da qualche settimana è un romanzo ambientato nella Russia degli Zar. Potere, ambizione, amore e onore… queste potrebbero essere alcune parole chiave. Ma è presto per aggiungere altro. Stiamo a vedere :-)

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