venerdì 8 novembre 2013

Le stanze buie: la recensione di Carlo

Ci sono persone che ti sorprendono, che ti fanno sorridere e ti commuovono anche un po'. Sono quelle persone che nella casella dei messaggi ti lasciano parole come queste:

'Ciao Francesca! Volevo dirti che ho finito di leggere il tuo libro e mi è piaciuto molto... davvero tanto! Mi piacerebbe scriverne una recensione anche per darti una mano a pubblicizzarlo, perché lo meriti; io ho un blog ma si occupa di tutt'altro (informazione giuridica), se vuoi puoi pubblicarla sul tuo blog, o passarla ad altri!'

E così ho fatto. Lui si chiama Carlo, è un appassionato lettore e questo è il suo blog:
Matti da legale.
Ecco la sua recensione al mio romanzo:

"Che ne è stato delle storie, nei romanzi? Dove sono finite le trame da ricordare, i personaggi da tenere dentro anche dopo che l'ultima pagina del libro si è chiusa? Me lo domando spesso, specialmente se mi capita di leggere gli scrittori italiani delle ultime generazioni: nel tentativo di risultare originali ad ogni costo, cercano lo stile, il colpo di teatro verbale, a volte con risultati imbarazzanti. Così i lettori non trovano più le storie, né la capacità di raccontarle senza il bisogno dello stile a tutti i costi: perché la padronanza della lingua nel raccontare, a volte, fa centro come una freccia. Più dello stile, più dell'originalità, la padronanza delle parole è uno stile di per sé.
Qualche tempo fa mi è capitato questo libro tra le mani: copertina elegante, note sul risvolto semplici e di presa immediata, una frase estratta dal romanzo e piazzata sul retro a sostituire quelle sinossi che spesso servono più a chi vuol recensire senza leggere che al lettore curioso. E un titolo che dice e non dice: "Le stanze buie".
L'autrice è Francesca Diotallevi, milanese trapiantata a Roma, che sulle note ci anticipa poco di sé come ci si aspetta da chi vuol far parlare il suo primo libro.
E allora facciamo parlare le stanze buie di questo romanzo: dicevamo della bellezza della storia. Francesca ci racconta di un maggiordomo puntiglioso e impeccabile, figura d'altri tempi, che per una questione ereditaria si trasferisce al servizio di una famiglia delle Langhe, lasciando la ben più aristocratica Torino. Nella sua nuova sistemazione, troverà una serie di persone e di avvenimenti che cambieranno per sempre la sua vita.
L'Autrice ci spinge con forza nella narrazione, con una mano abile e - lo dicevo sopra - pienamente capace: le parole sono scelte con una cura naturale, mai ostentata e sempre funzionale al racconto. Il lettore troverà spesso un vocabolario preso da un tempo ormai passato, con un fascino innegabile che stona quasi con la ricerca ossessiva di modernismo e post-modernismo propria dell'arte di questi ultimi anni.
La storia oscilla su più generi letterari, mantenendo inalterato il registro: un grande pregio che rende compatta e coerente la lettura, facendo apprezzare ancor di più la capacità narrativa di tenere sotto controllo il racconto, impresa non facile quando si sceglie il racconto in prima persona. Il lettore si sposta avanti e indietro negli eventi, sfiorando il tema della circolarità del tempo e godendo di una serie di sensazioni che lo coinvolgono su più lati: come potremmo avvertire i profumi di un tempo che non viviamo, se non grazie alla parola? E di profumi questo romanzo ne sprigiona molti.
Così, le stanze buie della casa che fa da teatro agli eventi diventano un luogo nel quale cercare i sentimenti: non è forse una stanza chiusa il cuore del protagonista, che sembra aver sepolto in soffitta ogni forma di affetto per sé e per gli altri, in nome di un'etichetta che gli deriva dal suo ruolo sociale? E poi: vale sempre la pena far entrare la luce dove l'ombra del tempo ha deciso di calare il suo mantello? Non si rischia di venirne inondati fino a non vedere più nulla, proprio come quando ci si trova in una stanza buia?
Quando una storia e dei personaggi così veri riescono a lasciarti queste domande vuol dire che il loro inventore ha fatto davvero un ottimo lavoro, e Francesca ha limato ogni cosa in modo preciso, da artigiana della parola. In questo tempo di deserti letterari, vi pare poco?
Un piccolo appunto personale: tra i ringraziamenti, l'Autrice ha citato alcune sue influenze, ma il lettore poi è libero di fantasticare e io ho sentito qualche retrogusto di Moravia e del suo "Gli indifferenti", nelle pose dei personaggi, nella capacità di delinearne i tratti psicologici più con le loro azioni che con le parole o con le introspezioni; anche il piacere di ritrovare questi ingredienti, che magari l'Autore non ha mai preso in considerazione, è una soddisfazione che pochi libri sanno dare."

mercoledì 6 novembre 2013

Il libro della settimana, su Repubblica.it, è il mio!

Cose bellissime, cose che non avresti mai pensato potessero succedere a te, cose che a volte capitano e ti lasciano senza parole. Il mio romanzo è il libro della settimana per Repubblica.it, edizione Torino.

Repubblica.it - il libro della settimana: 'Le stanze buie'

Sono davvero grata a Massimo Novelli, il giornalista che ha scritto la recensione e che ne ha parlato nel video correlato. Ha usato parole bellissime e mi ha dimostrato, via mail, una gentilezza davvero fuori dal comune.

Per chi volesse farsi un'idea in più, sul romanzo, oltre a Repubblica ne parlano dei blogger che stimo davvero molto:

Una fragola al giorno

La Stamberga dei lettori

La Leggivendola

Nina Pennacchi's blog

E guardo il mondo dal mio blog

lunedì 4 novembre 2013

Autunno

Prendi un gruppo di amici, una casa in montagna, in un paese un po' isolato, un weekend lungo e l'autunno, in tutta la sua poesia...
Ah, e una casa molto particolare, immersa nel fitto del bosco, abbandonata e inquietante...
*ispirazione alle stelle*

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


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